Il campo in erba è più faticoso di quello di plastica

Qualsiasi obiettivo per essere raggiunto deve scontare le proprie difficoltà. I concetti si inerpicano sulle bocche degli individui assorti in ingenui turpiloqui da tradurre in istanze solide al tempo. Gli strumenti della coscienza si fanno in quattro per trovare un’assoluzione a questa giostra di impulsi fatti di materia informe. Tutto ciò che troviamo è comunque una brutta e inconsistente spiegazione che mai riuscirà nell’intento di formalizzare le millenarie domande cui l’istinto dà perennemente seguito in eterne spirali di contraddittorio significato. Già, significato. L’istinto è il segno, il significato è la sua consacrazione nei vocabolari. La società complessa ha bisogno dei significati, di cui si nutre per potersi determinare in struttura. Il passaggio comporta sempre delle approssimazioni, delle semplificazioni, dei compromessi, delle rinunce. La storia si ricorda per i suoi nomi, costruiti sulle sublimazioni della materia informe ai quali dette loro vita, per trasformarsi in massa granitica. Siamo stati protagonisti della nostra consacrazione in un piano costruito del nostro passato. Non abbiamo trovato difficoltà concettuali per dimostrare che eravamo meglio. Si capiva, le vibrazioni dell’aria esprimevano sufficientemente bene le volontà degli istinti informi, all’epoca comunque decisamente potenti per garantire che la nostra diversità innovativa potesse farsi bella e lucente. Tutt’a un tratto il campo di fango.

C’è chi ci vive tutta una vita, ammirando da lontano la plastica della quale sa che non potrà mai essere completamente cosparso, faticando quotidianamente per gioire dell’effimera sensazione di esservi riuscito nel portarsene un po’ con sé, dentro la propria dimora. Noi invece l’abbiamo scelto di proposito. Non essendo abitudine, siamo silenziosamente sconvolti nella nostra interiorità, che s’è fatta ora così timida ed insicura all’ingrigirsi della plastica colorata, rivelatasi a posteriori contesto forse molto più naturalmente materno delle lande fangose nelle quali ora sguazziamo. Il fango però ha una proprietà fondamentale. E’ informe come i nostri istinti. L’uno sta sulla terra, gli altri impregnano l’aria che respiriamo. Il fango è anche muto. I nostri istinti no. Il fango terrestre, potremmo dire, come megafono dei nostri istinti fluttuanti, da sempre senza barriere né confini.

La partita si vince dentro di noi, la vittoria parte dall’interno, come predicava un tale. Già significhiamo, per gli altri e per noi stessi, ma mai ci siamo significati. Significhiamoci. E’ giunto quindi il momento di abbandonare la spontanea auto(in)determinazione e cominciare a dettare copioni da far rispettare puntualmente, puntigliosamente. Poi fare la scuola calcio, un bar, una sala concerti, crescere a livello sportivo, fondare una propria lega, vincere lo scudetto. Ma in fondo, mi chiedo infine, è giusto, eticamente giusto rispetto alla nobiltà dell’obiettivo, forzare un ambiente naturalmente predisposto alla spontaneità, alla vaghezza costituzionale, alla religiosa comunanza col piacere di non pensare affatto? E’ veramente giusto entrare nella storia, cercare di fare la storia? In una spirale contorta e contraddittoria, mi accorgo allora di essere mosso dalla stessa forza illogicamente non consequenziale che afferma e impone tutto e il contrario di tutto. Sono perso. Ho perso, in quanto non saprò mai scegliere, dire, decidere, affermare…

Poi però c’è il fango. Quello lo senti davvero. Lo abbiamo scelto, dicevamo. Fatalisticamente, come il ragazzo che scopre la fatica dell’emancipazione dai genitori, i nostri istinti si adatteranno anche alla fatica. Troveranno i gangli cognitivi migliori per assolvere al compito della fatica con motivazioni sempre all’altezza. La nostra storia è un po’ come questo articolo, mi sta sul cazzo, ma ormai lo sto scrivendo. E’ un po’ come la vita che abbiamo scelto di fare, oramai non si torna indietro. Il tempo appesantisce le azioni e le scelte prese.

Via, è tempo di dare significato al fango, vuoi che un giorno non diventi erba.

[FG]

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