LA PROSSIMA TRASFERTA: SAN DONATO

E’ il 1938 e siamo nel pieno boom delle bonifiche, le famose “anche cose buone”, tra una deportazione e un confino, ma non divaghiamo.
E’ forse agosto e siamo alla stazione di Grosseto e il treno arriva in orario.
Siamo al binario 2 e dall’accelerato da Livorno scendono intere famiglie cariche di bauli.
Fa caldo, ma nessuno ci fa caso. Arrivano dal Veneto, dal Polesine, dalla Romagna, sono contadini, mezzadri e hanno solo una cosa in mente: lavorare la terra.
Tra di loro qualche bambino, uno di questi ha 10 anni e ha fatto con dei fogli di giornale un pallone. Abbozza qualche palleggio, ma viene subito richiamato all’ordine: “Elvio, se non la smetti ne buschi!”. Il bambino, torna in fila.
Si sale diligentemente sulle corriere dell’Ente Maremma, direzione “Podere San Donato”. Nessuno sa bene quanto tempo ci vorrà, nessuno sa ancora che quella sarà casa sua, per sempre. Elvio non pensa a nulla, abbraccia il suo “pallone”, appoggia la testa al finestrino e si addormenta.

Siamo al 21 ottobre 1941 e San Donato si è allargata, ma non come i normali paesi. Qui le case non sono vicine l’una all’altra, ma distano centinaia di metri ed in mezzo campi a perdita d’occhio. Se ne contano più di 30, progettate dall’architetto Piacentini, un’archistar del ventennio, ed ognuna ospita una famiglia numerosa.
E’ domenica e c’è il sole. Tutte le famiglie uscite dalla chiesa si fermano sul sagrato e aspettano. Si era sparsa la voce che il prete avrebbe fatto una sorpresa. Elvio è stufo e vorrebbe andare a giocare con i suoi amici e i suoi fratelli, ché in fondo è domenica anche per lui. Arriva il prete con un grande sacco di iuta. Il brusio formato da mille dialetti diversi si cheta. Il prete esclama: “Tutti i ragazzi con meno di 18 anni vengano qui”. Anche Elvio si avvicina a quello che assomiglia sempre più ad un brulicare di api attorno ad un alveare. Allunga anche lui una mano, ma invece del miele pesca una maglia bianca, con un gallo verde disegnato e il numero 7 cucito sulla schiena.
Farà l’ala destra per puro caso in quella squadra che nacque proprio quel giorno, una calda domenica di ottobre del 1941, e che tutt’ora si chiama San Donato Calcio.

Ora giustamente tutti voi vi state chiedendo, “Sì, ok, bello. Ma la rubrica?”.

Beh, innanzitutto la rubrica era stata fatta l’anno scorso (la trovate nei commenti) e sfido voi ad aggiornarla dopo meno di un anno, con FATTI INCRESCIOSI o FATTI ORNAMENTALI, in un paese che paese non è ed è composto da una trentina di abitanti e una trentina di poderi.
Ma soprattutto questa è una rubrica speciale perché con i nostri potenti mezzi siamo riusciti ad intervistare Sara Zauli, che di Elvio è la nipote. E mentre la storia di Elvio e della maglia numero 7 è tutta inventata (frutto di qualche suggestione a seguito della nostra chiacchierata), il contesto in cui si sono svolti i fatti è reale. E soprattutto è reale il fatto che la famiglia Zauli, insieme ad altre, è da sempre al servizio del San Donato Calcio e trasuda passione calcistica da ogni poro.
Quindi per questa volta ci piace dare spazio anche alle loro parole mentre per gli oceanici e compagnia bella ci sarà ancora tempo.

Ciao Sara, dicci qualcosa di te.

“Ciao sono Sara e abito a San Donato da sempre e nella vita sono un’educatrice, lavoro in un asilo ad Albinia. Seguo il San donato da quando sono piccola, passione tramandata dal mi babbo che è attualmente il direttore sportivo. Sono dirigente, se così può dire, da…11 anni?!?!?! (non troppo ferrata per le date N.d.R.). Attualmente gestisco il bar della Polisportiva e mi occupo dei tesseramenti, iscrizioni e scartoffie varie.”

Ci racconti un aneddoto divertente su San Donato paese e uno sul San Donato Calcio?

“Aneddoti…non so…siccome non abbiamo un paese è tutta e sola campagna, i ragazzi della squadra in genere si ritrovano a Grosseto per poi venire con qualche macchina. Praticamente a inizio anno calcistico i primi giorni di preparazione un giocatore di un’altra squadra salì in una macchina e arrivato a San donato entrò negli spogliatoi, dopo presentazioni varie e domande su chi era o chi non era scoprì che aveva sbagliato posto!
Oppure qualche trasferta di fine campionato, qualche anno fa a Tirrenia partenza in treno per Livorno sabato pomeriggio, serata alle Scimmie, locale sobrio a quanto pare… alle 9 allenatore collassato dopo svariati bicchieri di vino alla goccia, cartelli stradali ritrovati in camera, giocatori che raccontavano ai genitori che qualcun altro gli aveva vomitato addosso. Forse questo è meglio dirlo con parole più carine. (No, Sara, non riusciamo a trovare parole più “carine” N.d.R)
Un aneddoto del paese…Beh, in realtà non è un paese e tutti si perdono.”

Qual è il vostro obiettivo stagionale?

“Fare bene, il meglio possibile e ad oggi c’è da lavorare parecchio visto la nostra posizione, ma ci riprenderemo… come è scritto su alcune delle maglie “non c è sconfitta nel cuore di chi lotta”.”

Cosa ti ricordi del Lebowski?

“Del Lebowski mi ricordo… fuori casa cioè da voi il tamburo e il murales che avete allo stadio, del Lebowski a San donato mi ricordo “Alé Lebowski alé gioca lotta per la maglia ora vinci per gli ultrà” fantastica davvero la tifoseria! Il gioco a un due tre stella sulle tribunette e Cubillos (purtroppo?).”

Quanto finisce domenica?

“Questo non si dice per scaramanzia…ma forza San Donato!”

Fine.
Chiameremo questa rubrica “Conosci chi ti farà sbronzare” dedicata a tutti i nostri URL in partenza per San Donato.

AVANTI LEBOWSKI
CONQUISTIAMO LA COLLINA!

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