O TUTTO IL PACCHETTO, O NIENTE

Vorremmo aprire questo post con una piccola premessa.
Ricordiamo bene il momento in cui decidemmo, non senza discussione, di utilizzare media e social per esprimere noi stessi, le nostre posizioni e le nostre attività. Avevamo sfiducia perché quando non hai il controllo dei mezzi che parlano di te, preferisci evitarli. E fu proprio per questo che scegliemmo di ribaltare la dinamica del “farsi usare”, provando a fare del nostro meglio per, invece, “usare” questi mezzi. A volte è andata bene, a volte male perché, come è noto, che si abbia a che fare con un giornale o con una pagina Facebook, l’altra faccia della medaglia è sempre pronta a metterti in difficoltà.
Chi segue questa pagina sa che non siamo gente che ama scrivere “comunicati ufficiali”, che si perde in formalismi, e sicuramente quello che ci piace meno è partecipare a botta e risposta virtuali, commenti al vetriolo, macchine del fango e altre dinamiche tossiche legate ai social, figlie dei nostri tempi.
Ma, stavolta, la misura è colma e l’esigenza di chiarire un paio di cosette non è rimandabile.
Quindi chiediamo, pretendiamo anzi, che eventuali commenti, in ogni direzione, rientrino nella sfera del rispetto e soprattutto della responsabilità di esternare solo cose che si sarebbe in grado di dire anche a quattr’occhi.

È sempre successo, ma ultimamente succede sempre più spesso.
Qualcuno ha dei problemi col Lebowski e precisa che bisogna fare una distinzione: la società, i suoi rappresentanti, si sono comportati male, ma bisogna ringraziare di cuore la Curva Moana Pozzi, vera anima del Lebowski, che si comporta alla grande ma è tradita dai dirigenti del Lebowski, che si sono montati la testa.
Sembra davvero strano doverlo ancora spiegare, ma le cose proprio non stanno così e non abbiamo più intenzione di accettare questa logica un istante di più.
Il Centro Storico Lebowski è il club della Curva Moana Pozzi, del suo gruppo – gli URL -, così come dei soci e delle socie che vengono in assemblea, che militano, che tifano.

Sentiamo dire che non siamo più gli stessi, che abbiamo tradito i nostri valori, che siamo una squadra come le altre. Non spetta certo a noi giudicare se siamo uguali o diversi agli altri, e francamente nemmeno ci interessa. Una cosa però è certa: la squadra è dei tifosi, ovvero i tifosi decidono, i tifosi si prendono le responsabilità. Da noi non può esistere una società che tradisce la purezza dei tifosi e dei suoi ideali. Non esiste un’anima del Lebowski che viene imborghesita dai dirigenti. Non può esistere, perché non funzionano così i nostri processi decisionali, che sono collettivi nella forma, e fatti di legami e fiducia nella sostanza.

I/le dirigenti sono militanti, sono ultras, sono soci/e, sono volontari/e.
I/le dirigenti si prendono la bega (e la gigante responsabilità!) di mettersi, per un periodo di tempo, al servizio di tutti e tutte con una dedizione fuori dal normale, perché questo richiede la gestione di questo Club, gratuitamente, dopo il lavoro.
Non “rappresentano” il Lebowski, SONO e devono ESSERE il Lebowski.

Lo sono perché le decisioni prese e le azioni intraprese – tutte – passano attraverso un confronto collettivo prima e una verifica collettiva dopo.

Chiunque salga su quei gradoni o partecipi alla vita di curva e del tifo, con i suoi gesti, con le sue parole, con il suo agire non rappresenta la Curva Moana Pozzi, È e DEVE ESSERE la Curva Moana Pozzi.
Perché l’abbiamo sempre considerata uno spazio libero, inclusivo, in cui esprimersi, in cui trovarsi. Ma anche un luogo da costruire, immaginare, difendere insieme.
Per noi vale tanto. Ed è una cosa splendida, ma è anche tanta fatica e responsabilità.

La Curva Moana Pozzi si prende così la responsabilità di ogni decisione presa e di ogni modalità con cui è stata attuata, compresa quella criticata nei giorni scorsi da mister Serrau. Ci basta precisare questo, senza dover entrare penosamente nel merito (se non per un punto: non siamo gente che liquida qualcuno con un post sui social senza fare prima altri passaggi).

Di errori, in questi anni, ne abbiamo fatti e ne faremo, ma ogni passaggio è stato oggetto di un confronto collettivo e, oltretutto, la nostra assemblea ha quasi sempre scelto, di fronte a un bivio, la strada sterrata rispetto a quella comoda e asfaltata. Dunque, da oggi in poi, chiunque abbia delle rimostranze col Lebowski sappia che siamo perfettamente in grado di ascoltare e confrontarci, ma è opportuno parlare direttamente con noi invece di cercare di creare distinzioni inesistenti e subdole parlando di noi.

È un meccanismo mentale comodo e consolatorio: qualcosa non torna nei propri desideri, nell’identificare il proprio “io” in questo “noi” più grande, e allora si cerca la “mela marcia” che rovina il bel cesto, qualche figuro che seguirebbe chissà quali altri interessi o tornaconti personali. Si fa della retorica su un fantomatico glorioso e puro passato contro il misero e corrotto presente, di cui evidentemente non si ha più voglia di far parte.

Ma la realtà spesso non è comoda. Perlomeno la nostra.
La realtà è che tutto questo, “il Lebowski”, è fatto di scelte e responsabilità, e rende conto ad un’unica sovrana: la sua assemblea.
Qua, ciascuno/a di noi fa la sua parte, perché questo tutto possa continuare a crescere.

O tutto il pacchetto, o niente.
Grazie.

ULTIMI RIMASTI LEBOWSKI,
Curva Moana Pozzi, Centro Storico Lebowski… fate voi, perché per noi ha lo stesso significato.
Al tempo e nel tempo, questo siamo noi. Questi siamo noi.