“Vorrei morire di domenica, nel giorno in cui il Corinthians vince il titolo” (Socrates, 1983)
Due anni fa se ne andava Socrates; laureato in Medicina, militante contro la dittatura militare, capitano della Selecao. Non certo un calciatore come gli altri.
In Brasile, il suo Corinthians aveva deciso di applicare un sistema democratico alle scelte tattiche; i giocatori sceglievano insieme come affrontare ogni partita, senza che ci fosse un allenatore da incolpare dopo le sconfitte. La Democracia Corinthiana, caso unico, nella storia del calcio: l?annientamento delle gerarchie poco prima che tv e sponsor affiancassero presidenti-macchietta nella gestione scientifica delle societ?. Perlopiù, in un’America Latina che di democratico aveva poco, tra governi fantoccio, ingerenze statunitensi e golpe militari.
Minacciò di lasciare il Brasile se non fossero state introdotte libere elezioni; così fece, e si trovò catapultato a Firenze: più costante nel fumare che nell’allenarsi, più interessato a leggere Gramsci che ad imparare nuovi schemi, non poteva avere fortuna in Europa. Non era il suo calcio, e oggi lo sarebbe ancora meno. Il ritmo frenetico, il risultato ad ogni costo, la macchina mediatica che propone sempre nuovi miti condannando i vecchi. Per non parlare d’altro, e per lasciare che tifosi sempre più occasionali si abituino ad uno spettacolo sempre più freddo.
Adesso, un calcio compassato come il suo potrebbe assomigliare di più a quello dei non professionisti: over 35 che esultano e litigano come bambini; o ragazzini che decidono insieme la formazione, dimenticandosi per due ore il casino e l?ingiustizia che ci sono fuori dal campo, in un mondo che corre agli stessi ritmi vorticosi del calcio. E se ne frega di chi resta indietro.
Epilogo
Socrates è morto di cirrosi epatica, la notte del 4 dicembre 2011.
Era una domenica, e poche ore dopo, il Corinthians vinceva il titolo brasiliano.
Uno stadio intero festeggiava in lacrime, salutando a pugno chiuso il suo numero 8.
Trent’anni dopo la Democracia Corinthiana, c’è ancora chi sogna un mondo più giusto.
Che corre di meno e pensa di più.
Come il calcio di Socrates.
Alessandro Bezzi